23 Febbraio 2010
Pavia, Il balzo dal campo alla tavola: La filiera agricola italiana argine agli enormi ed ingiustificati aumenti dalla produzione al consumo

L’agricoltura sta vivendo un momento difficile. I prezzi riconosciuti ai produttori sono ai minimi storici da vent’anni a questa parte e ciò avrebbe perlomeno dovuto favorire i consumi e la disponibilità di cibo per i consumatori. Tuttavia, un dato suona in modo allarmante, secondo la relazione della Fao, nel 2009, le persone che soffrono la fame sono cresciute del 9 per cento arrivando alla vetta di 1,02 miliardi, il punto più alto dal 1970 ad oggi.
E’ evidente che qualcosa, nel meccanismo che dalla produzione porta il cibo sulle tavole della gente, non funziona correttamente. Lo possiamo verificare in proprio anche nel nostro fortunato Paese dove difficilmente si soffre la fame.
Guardiamo il prezzo della pasta: nel 2009 è cresciuto, secondo i dati Istat, del 3,4 per cento e contemporaneamente il grano duro, praticamente unico ingrediente della pasta oltre all’acqua, è diminuito del 43,4 per cento. A fronte di un costo della materia prima pari a 0,16 euro al chilo il prezzo medio di vendita sugli scaffali è risultato 1,4 euro al chilo, corrispondente, tenendo conto delle rese alla lavorazione, ad un ricarico del 509 per cento. Abbiamo citato la pasta perché è stata oggetto di un incontro tra il presidente nazionale di Coldiretti, Sergio Marini e il garante per i prezzi Roberto Sambuco, ma l’elenco è lungo e lascia sconcertati. Il pane subisce un rincaro del 1745%, le carote del 1050, il riso del 514, detto della pasta proseguiamo con l’uva da tavola, 422, il radicchio, 390, i limoni 374, ancora le clementine che rincarano del 372 per cento o i finocchi attestati al 369, seguiti dalle arance al 364 e dai mandarini che registrano, al pari del latte, un aumento di costi dal campo alla tavola del 350 per cento.
Secondo l’analisi di Coldiretti, l’aumento medio dei prezzi dei prodotti alimentari al consumo, è stato del 1,8 per cento, con un incremento dall’origine al consumo mediamente di un punto superiore all’inflazione e questo si è verificato nonostante un generale calo dei prezzi pagati ai produttori che, nel complesso, hanno registrato una contrazione dell’11 per cento.
Ma imprese e consumatori devono, oltre al meccanismo dei rincari ingiustificati, lamentare un secondo danno rappresentato dal furto d’identità che l’agricoltura italiana subisce quotidianamente. Prodotti provenienti dall’estero vengono regolarmente venduti come italiani. Un danno che provoca una perdita di oltre 70 miliardi di euro ogni anno. Quattrini che non finiscono nelle tasche dei produttori italiani ed in ultima analisi danneggiano i consumatori sia dal punto di vista della qualità sia da quello economico. Una truffa che si esplica attraverso la commercializzazione di due prosciutti su tre venduti con diciture dal sapore tricolore ma provenienti dall’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro senza alcuna indicazione in etichetta e oltre un terzo della pasta ottenuta da grano coltivato chissà dove e senza che ciò sia portato a conoscenza attraverso una comunicazione chiara.
Coldiretti lo ha denunciato e ha protestato, ma affianco alla protesta vuole portare la proposta.
“Una proposta – ha dichiarato Giuseppe Ghezzi, presidente della Coldiretti di Pavia – che consentirà garanzie e risparmi ai consumatori e una più equa remunerazione alle imprese.
La filiera agricola tutta italiana.
Attraverso la rete dei consorzi agrari, accompagnati dalle cooperative agricole, dai mercati gestiti direttamente dagli agricoltori, dalle imprese agrituristiche, dalle aziende che svolgono la vendita diretta, siamo in grado di offrire prodotti sicuramente italiani, certificati dai produttori, arricchiti da un forte legame con il territorio. L’offerta dell’agricoltura italiana sarà genuina e sicura dal punto di vista sanitario, libera da Ogm, ricca di sapori e contenuti culturali e ad un prezzo conveniente per i consumatori e remunerativo per le imprese. Certo – prosegue Ghezzi – se oltre agli sforzi profusi da Coldiretti nell’interesse delle imprese, ma anche del consumatore e del territorio in favore del tanto citato Made in Italy, si coniugasse un’azione sinergica dell’industria di trasformazione e delle Istituzioni a tutti i livelli, potremmo più rapidamente offrire al cittadino garanzie certe di sicurezza, genuinità e risparmio e alle aziende agricole una giusta remunerazione del proprio lavoro”.

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