12 Novembre 2021
Agricoltura bresciana: ma quanto mi costi?

Presentati questa mattina i dati dell’annata agraria 2020-2021 relativi all'agricoltura bresciana: un anno ancora difficile tra ripresa del fatturato e aumenti delle materie prime.

Abbiamo vissuto un’annata a due velocità, le filiere più colpite dalle chiusure del 2020 sono ripartite alla grande, attestandosi a livelli superiori al periodo pre pandemia. Altri settori, invece, risultano pesantemente condizionati dall’aumento dei costi di produzione. Se leggiamo i dati “freddi” verrebbe da dire che l’agricoltura bresciana è cresciuta, ma non è così. Molti comparti, in particolare la zootecnia, scontano pesantemente le dinamiche economiche globali e nazionali. Resto comunque ottimista, perché il peso dell’agroalimentare continua a crescere, anche a livello internazionale, e ci sarà sempre più bisogno di cibo di qualità.

Questo il commento del presidente di Coldiretti Brescia Valter Giacomelli in occasione della presentazione dell’annata agraria 2020/2021, che si è svolta questa mattina presso la sede di Coldiretti Brescia, alla quale hanno partecipato anche il direttore di Coldiretti Brescia Massimo Albano e del vice direttore Mauro Belloli.

Come va l'agricoltura bresciana

Il marchio a fuoco che ha caratterizzato tutto il 2020, quello del covid-19, resta ben visibile. E ha condizionato ancora per molti mesi le dinamiche economiche di ogni settore produttivo. Le riaperture e il ritorno della socialità, però, hanno consentito anche la ripresa dei settori fortemente penalizzati dall’emergenza come il comparto vitivinicolo, il florovivaismo, gli ortaggi IV gamma e le attività agrituristiche. “I dati positivi della produzione 2020/2021 si infrangono sullo scoglio dei prezzi delle materie prime - precisa Mauro Belloli, vice direttore di Coldiretti Brescia – che stanno crescendo con ritmi a doppia e addirittura tripla cifra rispetto all’anno precedente, portando i costi di produzione a livelli ormai insostenibili. La problematica inizialmente limitata alle filiere zootecniche, si sta estendendo anche agli altri comparti produttivi. L’esplosione del prezzo del petrolio e dei suoi derivati e dell’energia in generale coinvolge davvero tutti”.

Guardando i dati dell’annata agraria 2020/2021, la chiusura in termini produttivi è positiva. Con una crescita del 5,4%, la PLV (produzione lorda vendibile) totale torna a valori ante covid e supera l’annata record del 2019. Preoccupa in questo senso il fronte del latte: Brescia e la Lombardia si confermano leader nazionali, con una produzione che copre oltre il 12% del latte italiano (12,43%) e in valore assoluto si avvicina ai 16 milioni di quintali (nel 2004 erano 10 milioni). Ma il prezzo latte alla stalla ha vissuto un altro anno drammatico, testimoniato dalla media prezzo litro latte non superiore ai 38 cents/litro. “Il settore ha subito pesantemente le dinamiche del mercato, gli allevatori stanno sostanzialmente producendo in perdita – commenta Valter Giacomelli - per questo è fondamentale il recente accordo ministeriale sottoscritto dagli attori della filiera per riconoscere un prezzo che tenga conto dei crescenti costi di produzione”.

Per i suini da macello (160 – 176 kg a destinazione prosciutti DOP) – il territorio bresciano conta un patrimonio di quasi 1 milione e 400mila capi - la media di quotazione CUN Commissione Unica Nazionale è salita a 1,46 euro/kg. Ma è un dato che non deve trarre in inganno: quella suinicola è una delle filiere più in sofferenza per i costi di produzione, non coperti dal prezzo degli animali alla stalla. Analoghe considerazioni per i suinetti italiani e stazionaria la consistenza delle scrofe allevate, drasticamente diminuite nell’ultimo decennio.

La voce degli imprenditori

Particolare l’andamento del comparto avicolo, che ha garantito importanti forniture per i consumatori nel periodo del lockdown. Per la carne, si registra un 2021 con prezzi relativamente buoni, ma i margini già esigui per gli operatori del settore rischiano di essere ulteriormente erosi dagli aumenti dei costi energetici e delle materie prime. Le considerazioni sui costi valgono anche per le uova, con l’aggravio di un mercato 2021 in flessione. “In condizioni normali di mercato, le aziende capo filiera riescono ad assorbire i picchi delle quotazioni sul breve periodo - spiega Laura Facchetti, imprenditrice avicola di Rovato -. Ma quando la situazione assume un carattere strutturale, con prezzi in costante ascesa, l’industria mangimistica si trova costretta a riversare a valle l’aumento, facendo lievitare i costi di produzione della carne avicola, dove la voce mangime pesa per il 65/70% del totale. Oggi il costo del prodotto macellato si attesta al +25% sul 2020, ma lo scenario 2022 è molto preoccupante, sarà fondamentale ridistribuire equamente gli sforzi lungo tutta la filiera, anche nella distribuzione”.

Buona l’annata in campo e in cantina per la viticoltura bresciana, che nel 2020/2021 vanta un fatturato di 68 milioni di euro (350 milioni di euro per l’intera filiera dall’azienda al consumatore). I prezzi del vino e delle uve si mantengono stabili/in crescita, e il sistema è ripartito con entusiasmo e risultati incoraggianti il mercato, sia interno che estero. “Respiriamo finalmente un clima di ottimismo, dopo l’impatto negativo del 2020 con la chiusura del settore Horeca e la mancanza di momenti di aggregazione – commenta Davide Lazzari, delegato provinciale Coldiretti Giovani Impresa e imprenditore vitivinicolo di Capriano del Colle –. Nella seconda metà dello scorso anno abbiamo recuperato importanti quote di mercato. Quanto alla campagna vendemmiale 2021, abbiamo registrato fenomeni atmosferici importanti in tutta la provincia, si prevede all’incirca un calo del 15% in termini di produzione, ma vanno considerate dinamiche commerciali legate alla trasformazione e alla vendita del prodotto. L'export aumentato del 4% e c'è un buon clima di fiducia generale".

Difficoltà evidenti, invece, per l’olivicoltura, che sconta due annate consecutive penalizzanti in termini di raccolta delle olive e di produzione di olio. La provincia di Brescia, è prima in Lombardia con 2.500 ettari di uliveti e vanta 2 Dop (Garda e Laghi lombardi menzione Sebino). “Abbiamo registrato picchi di perdita fino al 90% - spiega Nadia Turelli, delegata provinciale Coldiretti Donne Impresa e imprenditrice olivicola di Sale Marasino –. Una raccolta economicamente insostenibile per le aziende, ma anche problematica in ottica di abbandono degli uliveti, con tutte le conseguenze ambientali e sociali del caso. Le cause sono molteplici, dagli eventi atmosferici avversi che hanno causato perdita di olive e disseccamento delle piante alla cascola verde, fenomeno anomalo che stiamo cercando di indagare. Al recente tavolo regionale abbiamo chiesto ulteriori finanziamenti per la ricerca scientifica, per trovare le cause delle perdite e farci trovare pronti ad affrontare le prossime annate”.

In chiusura, il commento del presidente Valter Giacomelli sul ruolo dell’agricoltura bresciana e italiana. “Durante la pandemia, gli imprenditori agricoli hanno giocato un ruolo fondamentale, dal punto di vista strategico ed economico. Oggi siamo chiamati a cogliere le sfide della sostenibilità, dell’economia circolare, delle tecnologie 4.0. Ma resta prioritario considerare anche la sostenibilità economica delle aziende agricole e difendere le eccellenze produttive dagli attacchi mediatici e dalle fake news che screditano il lavoro delle nostre aziende per promuovere la diffusione del cibo sintetico”.

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