9 Marzo 2020
Cinghiali: i danni sono uno stillicidio quotidiano, anche alle porte di Lecco

COMO-LECCO – “Qui è uno stillicidio quotidiano. Le reti di protezione non servono, proveremo con i recinti elettrificati ma senza troppe speranze. Non sappiamo più cosa fare”. Il racconto di Franco Ferrari, una vita da agricoltore in un’azienda zootecnica alle porte di Lecco, è accorato. I danni sono lì da vedere, “freschi di giornata, anzi, dell’ultima notte” in cui l’ennesimo branco di ungulati ha attraversato la recinzione dopo essersi scavati un passaggio, e dato il via al “banchetto” nel prato. Il risultato? Tutto da rifare, con buche vistose che con ogni probabilità causeranno una perdita a due cifre percentuali per i prossimi tagli di fieno.

“E’ un continuo ripristinare, e il tutto si traduce in danni economici a quattro zeri” racconta Ferrari. “Tra perdita di prodotto e tempi di ripristino, i disagi sono evidenti. E ne risente anche la biodiversità: a ridosso dei miei fondi, c’è una risorgiva dove, ogni anno, trovavano casa e rifugio i rospi e le rane. I cinghiali l’anno devastata e i piccoli anfibi sono scomparsi”.

Fortunato Trezzi, presidente della Coldiretti interprovinciale, torna a chiedere “un coinvolgimento delle istituzioni per un problema che valica ogni delimitazione territoriale e si sussegue senza soluzione di continuità in ogni angolo delle due province, dalle pianure alle alte quote: ancora negli ultimi giorni abbiamo avuto segnalazioni dalla Val d’Intelvi e dalla Val Menaggio. E quando non ci sono i cinghiali, arrivano i cervi a completare l’opera. Peraltro, si tratta di animali sempre meno timorosi della presenza delle bestie al pascolo: abbiamo immagini al limite dell’incredibile in cui si vedono cervi e cinghiali pascolare insieme alle vacche, in uno stesso prato”.

La presenza dei selvatici mette a rischio oltre l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali, ma la stessa presenza degli agricoltori soprattutto nelle zone montane e di confine, e con essa quella costante opera di manutenzione che preserva le aree montane dal dissesto idrogeologico.

“Ciò che chiediamo – rimarca il direttore di Coldiretti Como Lecco Giovanni Luigi Cremonesi - è quello di fare impresa producendo per i cittadini e non per gli animali selvatici nocivi. È sempre più urgente porre in ogni misura utile e necessaria a porre un argine al fenomeno, considerando che il loro numero è continuato ad aumentare negli anni. Da parte di Coldiretti Como Lecco non è mai mancata la disponibilità al confronto e, anzi, c’è una fortissima azione propositiva, che ribadiamo”.

“Le soluzioni ci sono e le abbiamo più volte evidenziate - conclude Trezzi - ma vanno percorse con decisione: occorre quindi incrementare gli interventi straordinari di prelievo, così come è urgente una revisione dei piani faunistico-venatori di concerto con le associazioni di categoria e gli organismi preposti. Ciò con particolare riferimento alle quote di esemplari, partendo dalla effettiva consistenza delle popolazioni di selvatici e in relazione ad oggettivi criteri di sostenibilità dei territori. Non è un caso che l’area lariana sia tra quelle, in Lombardia, con il più alto numero di cinghiali abbattuti, oltre 1800 nel corso del 2019: parliamo di un terzo rispetto all’intera regione. E’ la cartina di tornasole rispetto a un problema che ha assunto proporzioni enormi, e che va arginato con decisione. Si tratta anche di un problema di sicurezza pubblica: i cinghiali ormai raggiungono, in diverse realtà urbane, anche i giardini delle abitazioni private, oltre a provocare un numero preoccupante di incidenti stradali”.

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