11 Dicembre 2020
Coldiretti, addio al quinto anno più caldo di sempre: la “tropicalizzazione” provoca danni
VARESE –  Le temperature di questi giorni sono invernali, ma il 2020 si classifica fino ad ora come il quinto anno più caldo mai registrato in Italia dal 1800, con una temperatura di oltre un grado (+0,96 gradi) più elevata della media storica, a conferma di un decisa tendenza al surriscaldamento della Penisola con effetti climatici e produttivi.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Isac Cnr relativi ai primi nove mesi dell’anno in riferimento alle cause degli scioglimento della superficie di ghiaccio dell'arco alpino che si è ridotta del 60% negli ultimi 150 anni secondo l’analisi di Legambiente. Si accentua infatti quest’anno la tendenza all’innalzamento della colonnina di mercurio ormai strutturale in Italia dove la classifica degli anni interi più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo periodo e comprende nell’ordine anche il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2003.
Gli effetti– sottolinea la Coldiretti – si sono già fatti sentire a livello globale e nazionale con il divampare degli incendi e una drastica riduzione dei ghiacciai.
“Si è registrata infatti una evidente tendenza alla tropicalizzazione che – sottolinea il presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori – si è manifesta anche nella nostra provincia con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. Lo dimostrano anche le numerose grandinate che hanno colpito la provincia in estate, ma soprattutto gli smottamenti conseguenti alle piogge che, a più riprese, hanno avuto effetti devastanti nel Varesotto anche nei mesi scorsi”.
Il ripetersi di eventi estremi sono costati all’agricoltura italiana oltre 14 miliardi di euro in un decennio tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne.
L’agricoltura – continua la Coldiretti provinciale – è infatti l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli. Un processo che ha cambiato nel tempo la distribuzione delle coltivazioni e le loro caratteristiche con l’ulivo, tipicamente mediterraneo, che in Italia si è ormai spostato a ridosso delle Alpi.
E il vino italiano con il caldo – continua la Coldiretti – è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, con un anticipo della vendemmia che in alcune aree d’Italia è stato anche di un mese rispetto alla tradizionale partenza di settembre, smentendo quindi il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti.
Il riscaldamento provoca poi il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto – conclude Coldiretti Varese – mette a rischio il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani.
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