E’ emergenza siccità nelle campagne lombarde. Manca l’acqua per irrigare le coltivazioni, dal mais alla soia, dal riso agli altri cereali e foraggi per gli animali fino a frutta e verdura. È l’allarme lanciato da Coldiretti Lombardia mentre ci si prepara a fare i conti con Scipione, l'anticiclone africano che fa impennare i termometri fino a 41 gradi. Senza interventi immediati e senza nuove piogge significative – spiega la Coldiretti Lombardia – gli agricoltori si ritroveranno ben presto a non aver più alcuna possibilità di bagnare i propri campi. Con la conseguente inevitabile perdita delle produzioni.
Senza acqua – continua la Coldiretti Lombardia – non è possibile garantire la produzione di cibo Made in Italy sulle tavole dei cittadini in un momento peraltro difficile a causa della guerra in Ucraina e dei forti rincari nel carrello della spesa con aumenti di prezzi degli alimentari che hanno raggiunto a maggio il +7,1%.
La calamità più rilevante per l'agricoltura italiana
La siccità – spiega la Coldiretti Lombardia – è diventata la calamità più rilevante per l’agricoltura italiana. Con danni stimati in un miliardo di euro all’anno a livello nazionale, per effetto del calo dei raccolti che hanno bisogno dell’acqua per crescere.
Ad essere colpito dalla siccità è l’intero territorio nazionale. Particolarmente grave è la situazione nella pianura padana, dove per la mancanza di acqua – precisa la Coldiretti – è minacciata oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo.
Po, fiumi e rogge in secca
Nonostante le ultime precipitazioni il livello del fiume Po – rileva la Coldiretti - è sceso al Ponte della Becca (Pavia) a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico, un livello più basso che a Ferragosto.
“Siamo di fronte ad una vera emergenza. E’ necessario mettere in campo, senza indugiare oltre, tutte le azioni possibili. Per le aziende agricole la situazione è ormai insostenibile. Tutte le colture sono in sofferenza a causa della crisi idrica. Se non si agisce con determinazione, il rischio è di perdere anche i raccolti che potrebbero essere messi in sicurezza grazie a interventi rapidi e incisivi - evidenzia Coldiretti Cremona -. Nei grandi fiumi l’acqua è scarsissima, insufficiente per alimentare l’irrigazione delle colture, ormai indispensabile. Rogge e canali sono asciutti, totalmente privi d’acqua”.
Colture in grande sofferenza, raccolti a rischio
Soffrono i prati e i cereali autunno vernini (con il frumento che, per l’assenza di acqua, presente pianticelle che non completano il proprio ciclo, non arrivando a chicchi ricchi e abbondanti). Ormai anche il mais, che ha iniziato la sua crescita, è al limite. “E’ vitale avere acqua per irrigare il mais – sottolinea Coldiretti Cremona –. In campo le pianticelle bruciano sotto i colpi del sole. Fortemente stressata dall’assenza di acqua, la crescita della pianta di mais si blocca. Se si prosegue così, è certa una drastica riduzione del raccolto”.
Le aziende agricole modificano i piani colturali
Questo per quanto concerne le prime semine. Si aggiunga il tema della riprogrammazione delle semine di secondo raccolto. Molte aziende stanno modificando i piani colturali. Rinunciano infatti alla programmazione di semine di secondo raccolto perché la scarsità di risorsa idrica non consentirebbe una coltivazione economicamente sostenibile.
Questo comporterà anche una minore disponibilità di materie prime come mais e insilati con gravi ripercussioni anche sul settore dell’allevamento, già messo in ginocchio dall’aumento dei costi di produzione.
Servono interventi immediati e eccezionali
“È una situazione pesantissima che stiamo seguendo quotidianamente al fianco delle nostre imprese, interfacciandoci con i gestori dei Consorzi irrigui, con le Istituzioni – conclude Coldiretti Cremona –. Di fronte a circostanze eccezionali, servono interventi immediati ed altrettanto eccezionali. E’ essenziale disporre in tempi brevi di deroghe temporanee agli obblighi del deflusso minimo vitale, oltre che la possibilità di rilasciare acqua dai bacini alpini, indipendentemente dalle dinamiche della produzione di energia.