VARESE – E’ in pieno svolgimento la mietitura di grano nel Varesotto. Una tradizione di nicchia che perde le proprie origini nella notte dei tempi come testimoniano, ad esempio, i ritrovamenti archeologici di Angera, seconda località dopo Pompei per qualità e quantità di pane di epoca romana le cui tracce sono giunte fino ai giorni nostri.
Giovani, tradizione, futuro e filiere: sono i quattro termini chiave per assicurare futuro a un settore, quello della coltivazione del grano, che nell’ultimo decennio ha visto scomparire in Italia un campo su 5, come conferma uno studio di Coldiretti presentato in occasione del “Villaggio contadino” a Milano.
Nella provincia prealpina sono le nuove generazioni a offrire prospettive al settore. Ne è convinto Pietro Colombo, giovane imprenditore di Lonate Pozzolo, impegnato in questi giorni a mietere i propri campi: “Io andrò certamente avanti a produrre grano, continuando ciò che la mia famiglia ha fatto per generazioni. Il nostro obiettivo è evidenziare la maggior qualità del grano made in Italy rispetto a quello estero, che condiziona concorrenza e mercato. Il nostro grano italiano è sicuramente migliore, erede di quella tradizione mediterranea che affonda le proprie origini nella culla delle civiltà. Certamente le difficoltà non mancano, in primis le incognite del clima che influisce molto sullo sviluppo delle produzioni. Ma il problema più serio è quello della concorrenza dei paesi esteri che riversano sui nostri mercati una quantità enorme di grano a basso prezzo”. Uno di questi è il Canada: dopo l’approvazione dell’accordo di libero scambio (CETA) nei primi tre mesi del 2019 il Canada è risultato il primo fornitore di grano duro dell’Italia con un aumento di 600 volte delle importazioni di prodotto trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole.
Per la trebbiatura 2019, secondo una prima stima Coldiretti, si prevede a livello nazionale un raccolto di quasi 7 miliardi di chili di grano, coltivati su oltre 1,8 milioni di ettari, rispetto ai circa 2,3 milioni di un decennio fa. Se i terreni coltivati calano, si registra però in controtendenza un boom della coltivazione di grani anichi che nel giro di due anni hanno visto moltiplicarsi per sei le superfici coltivate, passando dai 1000 ettari del 2017 ai 6000 attuali, trainato dal crescente interesse per la pasta 100% italiana e di qualità.
Un esempio è il grano Senatore Cappelli, ma da Nord a Sud sono state recuperate tante altre varietà, dalla Timilia al Saragoilla, dal gentil Rosso al Farro dicocco e monococco, dal Russello al Burattata. Un lavoro di valorizzazione importante non solo dal punto di vista economico ma anche ambientale poiché - sottolinea Coldiretti – questi tipi di grano antico sono particolarmente rustici, ovvero adattate a sopravvivere in condizioni ambientali ostili, poveri di nutrienti e di acqua con un limitato utilizzo di agrofarmaci.
Una situazione che – denuncia la Coldiretti – mette in pericolo la vita di oltre trecentomila aziende agricole che coltivano grano spesso in aree interne senza alternative produttive e per questo a rischio desertificazione. Alla perdita economica e di posti di lavoro si aggiunge il rischio ambientale in un Paese che con l’ultima generazione ha perso oltre un quarto della terra coltivata per colpa dell’abbandono, della cementificazione e degli attacchi degli animali selvatici che distruggono i raccolti agricoli.
“La coltivazione di grano nel Varesotto è un esempio di eccellenza da preservare con tutto il nostro impegno, valorizzando le filiere ed evidenziando la qualità del prodotto coltivato” commenta il presidente della federazione provinciale Fernando Fiori. “Ciò è importante anche e soprattutto in un territorio fortemente urbanizzato coma l’area sud della nostra provincia, dove i campi di grano e cereali sono l’ultimo baluardo agricolo prima delle cinture urbane e delle grandi opere infrastrutturali. E’ il seme della terra che resiste al cemento che lo circonda e che va preservato nel segno della storia e della qualità che gli sono proprie”.