28 Dicembre 2020
Salumi – Inizia il count-down per l’etichettatura di origine obbligatoria

SONDRIO -  L’attesa è quasi finita: scatta a fine gennaio, l’entrata in vigore dell’obbligo di indicare in etichetta l’indicazione di provenienza su salami, mortadella, prosciutti e quant’altro per sostenere il vero Made in Italy e smascherare l’inganno della carne tedesca o olandese spacciata per italiana. Lo rende noto il presidente della Coldiretti provinciale Silvia Marchesini: “Si tratta di un appuntamento atteso dall’82% dei consumatori che, secondo un’indagine Coldiretti/Ixe’, con l’emergenza Covid vogliono portare in tavola prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio. Una tendenza confermata dal successo della campagna #mangiaitaliano promossa da Coldiretti e Filiera Italia che ha coinvolto industrie e catene della grande distribuzione”.

Un provvedimento di forte impatto sul territorio valtellinese e chiavennasca “dove è storica la tradizione rurale di trasformazione delle carni suine in pregiati salumi. documenti storici accertano che i norcini valtellinesi, maestri nella produzione di luganeghe, raggiungevano persino il Veneto e l’Emilia Romagna dove già nel XVIII secolo erano molto apprezzati. Ma l’utilizzo delle carni suine nella nostra provincia rintraccia le proprie origini nella notte dei tempi: dai salami, alle pancette, ai salami tradizionali, le cui “ricette” si tramandano di generazione in generazione, senza contare gli immancabili cotechini e le mortadelle di fegato. Ancor oggi sono diverse le imprese agricole che, grazie all’allevamento dei loro maiali, ottengono salumi che hanno il sapore di un tempo. Una tradizione da riscoprire e tramandare”.

La norma consente peraltro di fare chiarezza in una situazione in cui 1 prodotto alimentare su 4 sugli scaffali richiama all’italianità, stando ad un’analisi dell’Osservatorio Immagino, senza però – sottolinea Coldiretti Sondrio – avere spesso un legame con la produzione agricola nazionale, dalle coltivazioni agli allevamenti.

Ora il decreto sui salumi prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali)”; “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali)”; “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali)”. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia.  Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

 “In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta il Paese d’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy” ha affermato il presidente Marchesini nel sottolineare che “il sistema agroalimentare italiano ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa grazie alla leadership nella qualità e nella sicurezza alimentare: e in tutto questo il nostro territorio è orgoglioso e pronto a fare la propria parte.”

Il provvedimento, che come detto consente lo smaltimento delle scorte fino ad esaurimento, è importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno ogni settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale. A preoccupare è infatti l’invasione di cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. La Coldiretti stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

 

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