COMO-LECCO – “Ogni anno si ripete una trama da film horror: tutto sembra procedere per il meglio e poi arrivano i mostri, e non ce n’è per nessuno”. Anche a metterla sulla metafora, non ci si discosta molto da una realtà dove i protagonisti – anzi, gli antagonisti – sono cinghiali e selvatici che, nottetempo, devastano i prati e i campi delle imprese agricole lariane. Lasciando, in effetti, uno scenario da pellicola post-apocalittica: colture divelte, prati e pascoli distrutti, con le zolle completamente rivoltate, con migliaia di euro di danni per ogni “entrata in scena” di questi animali.
Tra i territori più colpiti nelle ultime settimane, la Val d’Intelvi, insieme alla Val Menaggio e all’Alto Lago: un’areale critico sotto il punto di vista delle invasioni dei selvatici, con danni che lo scorso anno hanno superato i 150 mila euro, secondo le stime di Coldiretti. “Così non si può più lavorare” confermano Angelo e Roberto Crispi, allevatori di Piano Porlezza. “Ogni anno dobbiamo mettere in conto 20 o 30 mila euro di danni, dovuti soprattutto alla distruzione dei prati, al loro ripristino e alla necessità di acquistare esternamente il foraggio per alimentare il bestiame dei nostri allevamenti: dovendo produrre latte di alta qualità non si può far altro, il fieno rovinato dai cinghiali diventa di fatto inservibile. E alla rabbia per il tanto lavoro gettato al vento si aggiunge, così, la beffa di ulteriori spese da sostenere”.
“E’ evidente lo stato di malessere che vivono gli imprenditori agricoli che operano sul territorio per la presenza diffusa e invasiva di cinghiali, altri ungulati e più in generale altri animali selvatici che stanno arrecando danni ingenti alle colture” commentano il presidente di Coldiretti Como Lecco Fortunato Trezzi e il direttore Giovanni Luigi Cremonesi.
“Le imprese sono preoccupate. Passi avanti importanti sono stati fatti dalla nuova giunta regionale, ma è necessario agire con la massima determinazione portando avanti interventi straordinari di prelievo alla revisione dei piani faunistico-venatori di concerto con le associazioni di categoria e gli organismi preposti. Ciò con particolare riferimento alle quote di esemplari, partendo dalla effettiva consistenza delle popolazioni di selvatici e in relazione ad oggettivi criteri di sostenibilità dei territori”.
Inioltre – sottolinea Coldiretti Como Lecco – è necessario coinvolgere gli Enti parco e dei gestori delle aree naturali degli Enti locali nella determinazione coordinata dei piani di contenimento; è altrettanto necessaria una semplificazione nei confronti delle imprese per la gestione dei risarcimenti dei danni e una revisione urgente della norma che ricomprenda tali risarcimenti negli aiuti di Stato (tema del “de minimis”).
“Il punto è questo: senza l’agricoltura la montagna muore e senza un controllo serio della popolazione dei selvatici, anche gli ecosistemi saltano. Un’impresa agricola che chiude, rischia di portare alla scomparsa di tradizioni millenarie nel settore caseario e allevatoriale, specie nelle nostre aree alpine di confine, che sono custodi di memoria agricola e biodiversità. Altrettanto importante è la risposta che l’agricoltura può dare ai giovani, come alternativa alla ricerca di un lavoro oltreconfine. Essere vicino alle imprese e garantire loro la possibilità di operare in sicurezza e con prospettive è un compito, anche sociale, che tutti gli attori interessati debbono sentire come propria responsabilità”.