15 Aprile 2014
VARESE – COLDIRETTI: CONSUMO DI SUOLO, NECESSARIO INVERTIRE LA ROTTA

Troppo cemento minaccia la sopravvivenza dell’agricoltura in provincia di Varese. Tema noto, che torna d’attualità dopo la pubblicazione da parte dell’Ispra del report sul consumo di suolo, un fattore di rischio molto importante per il territorio italiano, particolarmente vulnerabile ad una numerosa serie di minacce causate proprio da questo processo di degrado. Pericolose conseguenze del consumo di suolo possono essere, infatti, fenomeni quali l’erosione, la diminuzione di materia organica (perdita di fertilità), la contaminazione locale o diffusa, l’impermeabilizzazione (ovvero la copertura permanente di parte del terreno e del relativo suolo con materiale artificiale non permeabile), la compattazione, la perdita della biodiversità, la salinizzazione, frane, alluvioni e la desertificazione, ultima fase del degrado del suolo.

“In provincia di Varese, la sottrazione di suolo agricolo ha già privato il territorio provinciale di terreni considerati fra i migliori sia in termini di produttività che di localizzazione” osservano Fernando Fiori e Francesco Renzoni, presidente e direttore di Coldiretti Varese. “Terreni fertili e di pianura, che sono facilmente accessibili ed hanno caratteristiche ottimali per la lavorazione agricola. Un fenomeno che minaccia, dunque, l’organizzazione del territorio, il paesaggio, gli ecosistemi e la produttività aziendale.
Anche i dati elaborati dall’Istat già nel 2012 rilevavano – e ciò è davvero preoccupante – come la provincia di Varese fosse classificata al quarto posto tra quelle più cementificate d’Italia, preceduta solamente dalle aree di Monza-Brianza (prima posizione), contigua all’area metropolitana di Milano (terza posizione) e della provincia di Napoli (seconda posizione).
La crescente crescita del “made in Varese” agroalimentare, fatto di eccellenze produttive che reclamano il giusto spazio territoriale di coltivazione, rischia di essere minacciata o ridimensionata dalla difficoltà sempre maggiore nel reperire gli “spazi rurali di coltura” da parte delle imprese agricole”.

In virtù dell’importanza del suolo e della sua tutela nel nostro Paese, il report dell’Ispra offre uno scenario di dati a dir poco preoccupante: la ricostruzione dell’andamento del consumo di suolo in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, infatti, mostra una crescita giornaliera del fenomeno che continua a mantenersi intorno ai 70 ettari al giorno, con oscillazioni marginali nel corso degli ultimi venti anni. Si tratta di un consumo di suolo pari a circa 8 metri quadrati al secondo che continua a coprire, ininterrottamente, il territorio della penisola con asfalto e cemento, edifici e capannoni, servizi e strade, a causa dell’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità, di infrastrutture, di insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, e con la conseguente perdita di aree aperte naturali o agricole.
A livello nazionale, la perdita complessiva di suolo è passata dal 2,9% degli anni ’50 al 7,3% del 2012, con un incremento di più di 4 punti percentuali ed in termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai quasi 22.000 chilometri quadrati in Italia.
Ma quali sono le diverse tipologie di copertura artificiale che devono essere considerate come principali cause di consumo di suolo? La classifica vede in testa le infrastrutture di trasporto, che rappresentano ben il 47% del totale (28% dovuto a strade asfaltate e ferrovie, 19% dovuto a strade sterrate e altre infrastrutture di trasporto secondarie), seguono le aree coperte da edifici, che costituiscono il 30% del totale del suolo consumato.
Altre superfici asfaltate o fortemente compattate o scavate, come parcheggi, piazzali, cantieri, discariche o aree estrattive, costituiscono il 14% del suolo consumato.

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