Dopo la pioggia, i cinghiali. Non c’è pace per l’agricoltura della provincia di Varese alle prese con l’invasione degli ungulati che, dalle valli del Luinese, alla Valcuvia, alle zone della Bassa provincia, ha subito in questi giorni una forte recrudescenza.
“Un periodo delicato, che coincide con le semine di mais, già ritardate dal maltempo” osserva il presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori. “Gli imprenditori agricoli si trovano con i campi appena seminati e subito devastati dagli animali. In molti non sanno cosa fare, anche la risemina diventa un’incognita poiché si rischia di aggiungere ulteriori perdite ai danni già subiti”.
Il telefono della sede di Coldiretti Varese in questi giorni è bollente: piovono segnalazioni da tutta la provincia, e al problema dei cinghiali si aggiunge quello di conigli selvatici e minilepri, soprattutto nella zona di Uboldo-Saronno, dove gli ettari “invasi” dai leporidi sono circa un centinaio.
“Il problema dei danni provocati dalla fauna selvatica è fuori controllo in tutta la provincia e, oltre ai campi di mais, interessa i prati a fieno e il frumento” aggiunge il direttore di Coldiretti Varese Francesco Renzoni.
E seda Golasecca fino ad Cittiglio si contano danni, meglio non va nell’area della Valcuvia o della Val Ceresio: “Purtroppo l’intero comprensorio provinciale è interessato dal problema, dalla pianura sino all’intero arco prealpino, dal lago Maggiore al confine con il territorio comasco e la Svizzera” conferma il vicedirettore della Coldiretti interprovinciale Paolo Frigo.
E il problema assume i contorni della beffa per le aziende a duplice indirizzo cerealicolo e zootecnico che utilizzano il mais per l’alimentazione dei propri animali: alla perdita del raccolto si aggiunge infatti la necessità di acquistare esternamente (e a più caro prezzo) il mais o i mangimi per rifornire le stalle. “I risarcimenti? Sono dovuti ma insufficienti a ripagare dei danni subiti: in media le imprese si trovano a dover fronteggiare in proprio il problema dei danni almeno in misura del 50%. E in più, la politica del solo ristorno dei danni non risolve la questione, come invece chiedono i produttori agricoli, che rivendicano – e a ben ragione – il loro diritto a “raccogliere il frutto del proprio lavoro. L’azione risarcitoria, per legge, spetta all’ente pubblico. Oltre a raccogliere le segnalazioni dei propri associati, Coldiretti sta sollecitando da tempo le istituzioni a trovare una soluzione efficace”.
Gli agricoltori vanno direttamente coinvolti per affrontare il problema: le stesse imprese agricole possono svolgere un ruolo attivo, che sia contemplato da azioni concordate di concerto con le istituzioni e gli enti pubblici. Ciò che serve, per Coldiretti, è una concreta sinergia per affrontare il problema: va creato un tavolo di concertazione ad hoc che individui soluzioni vere e percorribili: “Non dimentichiamo – conclude il presidente Fiori - che l’agricoltura è l’unica attività che gestisce ed esercita una costante manutenzione del territorio, soprattutto prealpino e montano: territorio che, senza di essa, è destinato all’abbandono”.