4 Dicembre 2013
VARESE – SUCCESSO PER LA MOBILITAZIONE COLDIRETTI AL BRENNERO

E’ pieno successo per la mobilitazione di Coldiretti al Brennero, che registra la presenza di moltissimi imprenditori agricoli del territorio prealpino tra i circa diecimila allevatori e coltivatori della Coldiretti saliti a presidiare il valico con l’Austria nell’ambito della mobilitazione “La battaglia di Natale: scegli l’Italia”. A guidare la mobilitazione c’è il presidente nazionale Roberto Moncalvo, dal territorio, come detto, una nutrita delegazione guidata dal presidente provinciale Fernando Fiori e dal direttore Francesco Renzoni.

Con la crisi sono state chiuse in Italia 140mila (136351) stalle ed aziende anche a causa della concorrenza sleale dei prodotti di minor qualità importati dall’estero che vengono spacciati come Made in Italy. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Unioncamere relativi ai primi nove mesi del 2013 rispetto all’inizio della crisi nel 2007, ed il fenomeno tocca anche l’area prealpina. L’allarme sulla situazione delle campagne italiane è stato lanciato con la mobilitazione “La battaglia di Natale: scegli l’Italia” per difendere l’economia e il lavoro delle campagne dalle importazioni di bassa qualità che varcano le frontiere per essere spacciate come italiane, che ha portato diecimila allevatori e coltivatori al valico del Brennero.

“L’obiettivo – sottolineano Fiori e Renzoni - è smascherare il “falso Made in Italy alimentare”, aiutare i consumatori a fare scelte di acquisto consapevoli in vista del Natale e sollecitare le Istituzioni a rendere operativo l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza dei prodotti agricoli ed alimentari”.  
                                                 
Solo nell’ultimo anno - sottolinea la Coldiretti - sono scomparse in Italia 32500 stalle ed aziende agricole e persi 36mila occupati nelle campagne, con impatti devastanti sulla sicurezza alimentare ed ambientale dei cittadini. La chiusura di un’azienda agricola significa infatti maggiori rischi sulla qualità degli alimenti che si portano a tavola e minor presidio del territorio, lasciato all’incuria e alla cementificazione
 
D’altra parte sono drammatici gli  effetti di quelli che sono i due furti ai quali è sottoposta giornalmente l’agricoltura: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall'altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori per colpa di una filiera inefficiente. “Stiamo svendendo un patrimonio del nostro Paese sul quale costruire una ripresa economica sostenibile e duratura che fa bene all’economia all’ambiente e alla salute” afferma il presidente nazionale di Coldiretti Moncalvo nel denunciare che “l’invasione di materie prime estere spinge prima alla svendita agli stranieri dei nostri marchi piu’ prestigiosi e poi alla delocalizzazione delle attività produttive”.

Oggi anche a causa delle importazioni di minor qualità l’Italia - sottolinea la Coldiretti - produce appena il 70 per cento dei prodotti alimentari che consuma ed importa il 40 per cento del latte e carne, il 50 per cento del grano tenero destinato al pane, il 40 per cento del grano duro destinato alla pasta, il 20 del mais e l’80 della soia mentre siamo autosufficienti solo per ortofrutta, vino, pollame. La colpa è di un modello di sviluppo industriale sbagliato che ha tagliato del 15 per cento le campagne e fatto perdere negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata. Ogni giorno viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) con il risultato che è aumentata la dipendenza degli italiani all’estero per l’approvvigionamento alimentare.
 
Dall’inizio della crisi ad oggi le importazioni di prodotti agroalimentari dall’estero sono aumentate in valore del 22 per cento, secondo un’analisi di Coldiretti relativa ai dati del commercio estero nei primi otto mesi del 2013. Gli arrivi di carne di maiale sono cresciuti del 16 per cento, mentre le importazioni di cereali, pronti a diventare pasta e riso spacciati per italiani, hanno fatto registrare addirittura un vero e proprio boom (+45 per cento), con un +24 per cento per il grano e un +49 per cento per il riso. Aumenta anche l’import di latte, +26 per cento, anch’esso destinato a diventare magicamente made in Italy. Netta pure la crescita delle importazioni di frutta e verdura, +33 per cento, con un vero e proprio boom per il pomodoro fresco (+59 per cento), ma cresce anche quello concentrato (+32 per cento). Aumentano anche gli arrivi di succo di frutta dall’estero, +16 per cento.

IN LOMBARDIA ANCHE TRECENTOMILA SUINI IN MENO
Trecentomila suini in meno. E’ questo il dazio pagato negli ultimi due anni dalla Lombardia alla crisi degli allevamenti stretti fra prezzi che non coprono i costi di produzione e importazioni di carni e cosce dall’estero che stanno inondando il mercato, tanto che 2 prosciutti su 3 in Italia arrivano dall’estero. Una situazione che ha scatenato la rabbia degli allevatori della Coldiretti Lombardia che in duemila, al fianco di altre migliaia di agricoltori in arrivo da tutta l’Italia, si sono diretti a Reggio Emilia e al Brennero per protestare e controllare i camion in arrivo dall’Austria e dagli altri Paesi europei, nell’ambito della mobilitazione “La battaglia di Natale: scegli l’Italia” promossa dalla Coldiretti.

A livello provinciale, spiega la Coldiretti Lombardia, negli ultimi due anni Brescia ha perso oltre 60 mila suini, Mantova più di 120 mila, Cremona oltre 90 mila, Lodi 83 mila, Bergamo 6 mila, Milano 8 mila, in negativo con alcune centinaia di capi a testa Lecco, Como e Sondrio (che però hanno un patrimonio totale di circa seimila unità), Monza Brianza è in stallo senza variazioni di rilievo, unici territori in controtendenza (ma con minime oscillazioni) sono Varese che cresce di 60 di capi e Pavia che resiste con 35 mila suini in più.

Nell’ultimo anno sono scomparsi in Italia 615 mila maiali, ma il sistema nazionale sta perdendo la propria capacità di rifornimento anche sul fronte dei suinetti: fra il 2012 e il 2013 hanno chiuso 3 allevamenti al mese.

Dall’inizio della crisi la filiera ha perso oltre 8 mila posti di lavoro. Mentre a fronte di costi che hanno raggiunto 1,56 euro al chilo gli allevatori hanno preso quest’anno in media circa 1,45 euro al chilo. A deprimere le quotazioni è la concorrenza a basso costo dall’estero: i principali Paesi che stanno cingendo d’assedio il mercato italiano con le loro forniture dall’estero sono la Germania, l’Olanda, la Francia, la Spagna e la Danimarca.
       

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