Nuove scelte della Commissione europea stanno mettendo a rischio migliaia di allevamenti italiani, che già stanno pagando un costo altissimo per la crisi energetica e per la guerra in Ucraina, un orientamento che va a compromettere la capacità di approvvigionamento nazionale del Paese, già deficitario per carne e latte.
E’ quanto afferma Coldiretti Bergamo in riferimento alle anticipazioni sulla proposta della Commissione UE per la revisione della Direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (IED), per la prevenzione e riduzione dell’inquinamento attesa per martedì 5 aprile.
Le bozze attuali – denuncia Coldiretti - allargano una serie di pesanti oneri burocratici ad un maggior numero di aziende zootecniche e aggiungono all’ambito di applicazione il settore delle produzioni bovine, che prima era escluso.
“Nello scenario corrente – dichiara Alberto Brivio – si tratta di una scelta inaccettabile, che rischia di condannare alla chiusura tantissimi allevamenti con un nuovo carico di burocrazia che fa aumentare i costi del sistema zootecnico”.
Il presidente di Coldiretti Ettore Prandini ha già sollecitato i Commissari Wojciechowski e Gentiloni, oltre ai parlamentari europei italiani delle commissioni ambiente, industria ed agricoltura, per modificare una decisione che rappresenta un attacco al sistema allevatoriale europeo.
“In un momento in cui è sempre più evidente la necessità di puntare sulla sicurezza alimentare e sull’autosufficienza, a Bruxelles si sta rischiando di fare scelte che aprono la strada alla carne sintetica” afferma Brivio nel sottolineare che “la carne italiana nasce da un sistema di allevamento che per sicurezza, sostenibilità e qualità non ha eguali al mondo, consolidato anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne”.
Coldiretti Bergamo evidenzia che le nuove scelte Ue rischiano inoltre di aprire le porte alle importazioni di carne da paesi terzi che spesso garantiscono minori standard di sicurezza alimentare e maggiori impatti ambientali di quelli europei. L’Italia dipende già dall’estero per il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.
“Difendere la carne Made in Italy – conclude Brivio - significa anche “sostenere un patrimonio unico al mondo, fatto di animali, di prati per il foraggio, di biodiversità e soprattutto di persone impegnate, spesso da intere generazioni, a contrastare lo spopolamento e il degrado anche nelle aree più difficili e fragili del Parse “.