28 Agosto 2020
Tempo di vendemmia nella terra delle eccellenze

La vendemmia oggi: un'annata caratterizzata dal crollo dei consumi fuori casa, dalla crisi della ristorazione e di tutto il gruppo Ho.re.ca, dalle tensioni sulle esportazioni, dalle difficoltà sugli ingressi in Italia degli stagionali stranieri, ma anche dalla straordinaria capacità di ripresa dei viticoltori e delle cantine tricolori.

Na parliamo con il vicepresidente di Coldiretti Brescia e viticoltore in Franciacorta Silvano Brescianini.

Partiamo della situazione attuale nei vigneti bresciani. A che punto siamo?
Possiamo dire che l’annata, dal punto di vista dello stato sanitario e quantitativo, è buona. Le prossime settimane saranno decisive e purtroppo abbiamo già subito grandinate. Per la qualità dei vini dobbiamo aspettare la primavera, ma sono ottimista. Dal punto di vista generale, oggi Brescia è ben rappresentata dalle diverse zone che hanno trovato una precisa identità: Franciacorta, Lugana e Valtenesi presentano vini diversi (bianchi, rossi e rosati) con forte personalità. Come del resto Botticino e Montenetto con i rossi, la Vallecamonica continua a figliare piccole preziose gemme di viticoltura eroica, penso si possa dire che abbiamo finalmente definito le nostre eccellenze. Ora vanno valorizzate, in primis a casa nostra.

Ora che la vendemmia è entrata nel vivo, ci sono timori legati al mercato e ai prezzi?
Certamente, la chiusura forzata di ristoranti, bar trattorie e pizzerie, ha pesantemente ridotto i consumi e di conseguenza i fatturati delle cantine. Sarà un anno difficile dal punto di vista finanziario e l’aumento dell’offerta è un pericolo concreto per la tenuta dei prezzi.

Silvano Brescianini, vice presidente di Coldiretti BresciaQuest’anno tiene banco anche il tema della manodopera di immigrati generalmente impiegata nelle attività di raccolta. Cosa ne pensa?
Le norme di fine luglio, che hanno introdotto la quarantena obbligatoria, hanno complicato l’arrivo di molti lavoratori stagionali stranieri. A questo dobbiamo aggiungere che l’assunzione tradizionale di personale è burocraticamente ed economicamente troppo onerosa per le aziende agricole. La possibilità, oggi non prevista, di utilizzare dei voucher finalizzati all’impiego di alcune categorie di persone e validi solo per specifici periodi dell’anno, renderebbe tutto molto più semplice. Su questi temi ci piacerebbe implementare un forte coordinamento tra tutte le istituzioni coinvolte, perché questa non è una battaglia di parte, ma un interesse economico e di salute pubblica per l’intera nazione.

Il vino italiano non subirà (almeno per ora) la “scure” di Trump. Nonostante ciò, l’export risente della crisi globale?
L’Italia è stato tra i primi paesi coinvolti dal Covid, ma ne siamo anche usciti prima. Diversa la situazione in altri Paesi, e in particolare negli USA, grandi importatori di vino italiano, dove il calo dei consumi si sta inevitabilmente facendo sentire. Basti pensare che nei primi cinque mesi del 2020 l’export di bottiglie made in Italy paga una flessione del 4%. Un’inversione di tendenza senza precedenti negli ultimi 30 anni, dovuta certamente alla pandemia, ma anche alle tensioni del mercato globale.

La vendemmia 2020 si colloca in un periodo delicato, dopo il fermo dei principali canali di approdo delle nostre eccellenze. Com’è la situazione oggi?
L’assoluta priorità è far ripartire i consumi, nel rispetto della sicurezza di tutti.  L’ultima analisi Coldiretti su dati Ismea parla infatti di un -10% dei consumi di prodotti alimentari nel 2020 e di un taglio complessivo di 24 miliardi di euro. Non è facile, gli strascichi del lockdown, lo smart working, le difficoltà economiche e la mancanza di turisti stranieri pesano non poco sulla ripresa, ma vedo comportamenti responsabili e tanta voglia di convivialità. Quanto alle specifiche esigenze del comparto, duramente colpito dall’emergenza, servono interventi mirati e rapidi per sostenere le esportazioni, alleggerire le scorte, ridurre i costi e tagliare la burocrazia.

In ultimo, pensiamo al futuro. Il lockdown ha costretto la filiera del vino a ripensare le proprie strategie di business. Quali tendenze ci accompagneranno anche a emergenza finita?
Dobbiamo imparare da quanto abbiamo visto in questi mesi. Cito per esempio l’importanza del diversificare i mercati, sia geograficamente sia per canale. Se prima potevamo accontentarci del mercato regionale, oggi concentrare gli sforzi su una zona ristretta e solo sui consumi fuori casa può essere rischioso.

 

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