Il terremoto Covid si abbatte sull'export del vino, che per la prima volta in 30 anni registra una frenata, con un calo del 3,2% in valore nei primi sette mesi del 2020. Un'inversione di tendenza senza precedenti confermata dall'analisi presentata da Coldiretti in occasione dell’incontro online “Covid, la sfida del vino Made in Italy”.
Il moltiplicarsi dei Paesi che hanno adottato misure di contenimento con la chiusura di bar e ristoranti, aumenta i danni alle esportazioni di vino italiano, il più bevuto nel mondo. Germania, Stati Uniti e Regno Unito, i principali mercati di sbocco delle bottiglie tricolori, sono infatti in sofferenza per il rapido diffondersi della pandemia che rischia di compromettere anche gli ordini per la fine dell’anno.
Eccellenze bresciane a rischio
L’emergenza coronavirus mette a rischio anche le eccellenze produttive bresciane, che contano:
- 18 milioni di bottiglie in Franciacorta (meno di 2 milioni come Curtefranca);
- 17,5 milioni nella zona del Lugana (nella provincia di Brescia circa 7 milioni di bottiglie);
- oltre 5 milioni tra Valtenesi e Garda bresciano;
- 1 milione e mezzo tra Capriano del Colle, Botticino, Vallecamonica e Cellatica.
A ridurre del 15% circa la vendita dei vini di qualità, evidenzia l'analisi Coldiretti, è stata la chiusura forzata di alberghi, agriturismi, enoteche, bar, e ristoranti a livello italiano, oltre al forte calo delle esportazioni, aggravato dalle difficoltà logistiche e dalla disinformazione.
Export del vino: la situazione italiana
Il terremoto sull’economia provocato dal coronavirus mette a rischio il fondamentale motore economico generato dal vino italiano, che realizza oltre la metà del fatturato proprio all’estero. Lo scorso anno, infatti, le esportazioni sono risultate pari a 6,4 miliardi, su un totale di 11 miliardi, che hanno sviluppato 1,3 milioni di posti di lavoro lungo la filiera. Un duro colpo per l’Italia che ha una produzione di oltre 46 milioni di ettolitri nella vendemmia 2020 che conferma il proprio ruolo di leader mondiale davanti alla Francia. Un primato consolidato grazie a 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi. Le bottiglie Made in Italy risultano destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt. Per un totale di 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia. Il restante 30% riguarda i vini da tavola.
“Grazie alla azione di Coldiretti, sono state adottate varie misure finalizzate a dare liquidità ai produttori e ridurre le giacenze di vini e di uve della nuova vendemmia ma anche sgravi contributivi, incentivi all’acquisto di vino e prodotti italiani - spiega il Presidente di Coldiretti Brescia e Coldiretti nazionale Ettore Prandini -. C’è preoccupazione fra gli imprenditori, ma l’Italia ha le potenzialità per ripartire meglio degli altri”.
Internazionalizzare è fondamentale
L’internazionalizzazione è dunque una scelta obbligata per il nostro Paese, che deve cogliere questo momento di crisi per mettere a punto una strategia più incisiva di presenza sui mercati stranieri. "Vanno aiutate le imprese a superare questo difficile momento - aggiunge il presidente Prandini - e va preparata la ripresa con un piano straordinario di internazionalizzazione che preveda la creazione di nuovi canali commerciali e una massiccia campagna di comunicazione. Bisogna superare l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse puntando, in primo luogo, a una regia nazionale attraverso un’agenzia unica che accompagni le imprese in giro nel mondo, valorizzando il ruolo strategico dell’ICE e con il sostegno delle ambasciate".
In questo contesto un primo obiettivo è stato raggiunto con la presenza Josè Rallo come primo rappresentante agricolo nel consiglio di amministrazione dell’Ice, una figura proveniente proprio dal mondo del vino. Ma anche con l’arrivo per la prima volta nelle ambasciate italiane della figura del Consigliere Diplomatico agricolo, come richiesto da Coldiretti.
"Serve poi recuperare i ritardi strutturali e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese - conclude Prandini -. Ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export e una “bolletta logistica” più pesante per la movimentazione delle merci”.