Un calo del 20% rispetto alla media per effetto dell’andamento climatico che, dopo un inverno caldo e siccitoso, ha visto una primavera in cui non sono mancati bruschi abbassamenti di temperatura. È quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti regionale sulle prime produzioni di miele in Lombardia, elaborato in occasione della giornata mondiale delle api che si festeggia il 20 maggio dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018.
La situazione sul territorio è a macchia di leopardo – precisa la Coldiretti Lombardia –: laddove le gelate hanno intaccato le piante la produzione è limitata, così come nelle zone in cui piogge e temporali nei giorni scorsi hanno "fermato" le fioriture, mentre in altre aree la situazione è più positiva. A fronte di un calo medio del 20% rispetto a una stagione normale – continua la Coldiretti regionale – gli apicoltori segnalano, però, in questa fase iniziale una ripresa delle produzioni rispetto all’annata nera dello scorso anno, funestata dalle bizze del tempo.
In Lombardia sono presenti circa 160 mila alveari, custoditi da oltre 6000 appassionati tra professionisti e hobbisti, che producono miele, propoli, cera e altri derivati. In generale – precisa la Coldiretti - una singola ape visita in media circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api; tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni, secondo la Fao.
In Italia – spiega la Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane – conclude la Coldiretti – ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa 2/3 produce per autoconsumo.