COMO-LECCO – “Produzione nulla”: anche i dati della Regione Lombardia confermano la gravità della situazione per il settore apistico lariano dopo la conclusione della prima importante campagna di raccolta del miele d’acacia. Si tratta della situazione più critica in tutta la Lombardia, dove le perdite medie regionali sono comunque pari al -75%: una terribile “annata nera”, quindi, che si riflette in perdite ingentissime per tutte le imprese interessate, che in alcuni casi superano le centinaia di migliaia di euro. Diversi i milioni di euro persi a livello interprovinciale dalle nostre imprese.
Le cause sono ormai note e mettono sul banco degli imputati, ancora una volta, il corto-circuito climatico in atto. In particolare, la primavera fredda e piovosa che ha fatto seguito a mesi siccitosi si è rivelata una miscela esplosiva che ha stremato le api e impedito loro di raccogliere il nettare dei fiori di robinia.
Non solo: il violento caldo di giugno e luglio ha fatto il resto, indebolendo ulteriormente le api che si preparavano a volare sulle fioriture di castagno, altra produzione-chiave per il territorio.
“I danni, come detto, sono pesantissimi. E non si tratta del solo annullamento dei ricavi, ma anche delle perdite di intere “famiglie” di api che non hanno retto la situazione, oltre ai costi che le imprese hanno dovuto sostenere per alimentare le arnie artificialmente, cercando in primis di salvare gli insetti” commenta il presidente della Coldiretti interprovinciale Fortunato Trezzi.
“Per salvare la stagione, le imprese hanno puntato tutto sulla raccolta del miele di castagno, ma anche in questo caso i risultati sono stati sotto le aspettative” commenta Fabio Villa dell’azienda Maggiociondolo di Casatenovo (Lc). “Purtroppo le api sono arrivate stremate al secondo importante appuntamento della stagione e, nonostante la buona fioritura del castagno, i risultati sono stati molto al di sotto della media, soprattutto in bassa collina dove le api hanno patito in modo più marcato gli ulteriori sbalzi termici che si sono verificati”.
Ancora presto per le stime definitive sulla varietà “castagno”, mentre è ormai accertato che nella sola Lombardia si sono persi 3 vasetti di miele d’acacia su 4. E oltre al danno si rischia la beffa, ovvero l’invasione di prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità: il consiglio di Coldiretti Como Lecco è sempre di “verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla nostra organizzazione agricola. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
Nelle nostre province esistono moltissime di varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di tiglio a quello di castagno (più scuro e amarognolo), e poi ancora quello di melata, oltre a diverse altre tipologie. Nelle campagne lombarde – conclude la Coldiretti lariana – ci sono circa 160 mila alveari curati da oltre 6 mila apicoltori tra professionisti e hobbisti. In Italia, invece, gli alveari sono 1,4 milioni mentre gli apicoltori sono 51.500 di cui 33.800 circa producono per autoconsumo (65%) e il resto con partita iva che producono per il mercato (35).