Pavia, 12 maggio 2010
leggiamo in una recente intervista rilasciata dal presidente dell’Ente Nazionale Risi, Piero Garrione e Roberto Carriere, direttore dell’Airi, l’associazione delle industrie risiere italiane, al Corriere Economia che i problemi legati alle scarse quotazioni dei risoni delle varietà tonde e thai, sono dovuti all’eccessiva produzione della scorsa annata.
A più riprese abbiamo anche letto che l’industria, nel suo complesso ha richiesto e richiede un incremento delle superfici coltivate a riso. Probabilmente nella campagna che si sta avviando saranno accontentati in quanto i primi segnali delle dichiarazioni di semina, paiono indicare un aumento delle superfici dedicate al prodotto principe della pianura pavese, complici anche i prezzi assolutamente depressi degli altri cereali.
Il mercato soffre una fase di ristagno e le vendite, seppure in termini assoluti quasi in linea con le scorse annate, in termini percentuali sono generalmente deficitarie rispetto al passato.
A questo punto ci sorgono una serie di domande.
Se il problema del prezzo è dovuto ad un aumento della disponibilità e le imprese corrono il rischio di arrivare a chiusura della campagna con significative giacenze in magazzino, perché l’industria prosegue a chiedere l’incremento delle superfici?
Possiamo addossare la causa dei prezzi bassi alla parte produttiva che è stata indotta a seminare di più da fieri proclami di conquiste di mercati alternativi quando, a tutti gli effetti, i ritiri dai magazzini aziendali languono?
E ancora, come mai una delle maggiori industrie del Paese dichiara che il mercato trainante è quello dei prodotti a base di riso, quello cioè dove la varietà non conta nulla e la medesima industria sta investendo in risicoltura nei paesi dell’Est Europeo?
Che fine hanno fatto gli accordi di filiera?
In quale angolo è stato sepolto il legame tra prodotto italiano (marchi, nomi e colori pescano a piene mani dall’italianità) e il prodotto della nostra provincia?
Perché alla riduzione del prezzo alla produzione non è corrisposto un calo della cifra indicata sugli scaffali?
Perché ancora oggi non è possibile ottenere un’etichetta chiara sull’origine del riso contenuto nelle scatole?
“A tutte queste legittime domande, che abbiamo raccolto dai nostri imprenditori – dichiara Giuseppe Ghezzi, presidente della Coldiretti di Pavia – possiamo rispondere in un solo modo: una filiera agricola tutta italiana. Solo attraverso un sistema controllato che ci consenta di raggiungere direttamente il consumatore potremo porre fine alle bolle speculative, alla prepotenza del sistema distributivo e avere la certezza di collocare, nel prodotto posto in vendita, il risone coltivato nei nostri campi”.
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