29 Dicembre 2022
Si chiude un anno duro per l’agricoltura bergamasca, cambiamenti climatici e costi di produzione attanagliano le aziende

L’agricoltura bergamasca archivia un anno molto complesso. Se da un lato le imprese si sono impegnate a migliorare le proprie performance produttive, dall’altro eventi meteorologici estremi e un quadro politico ed economico complicato hanno condizionato gli sforzi degli imprenditori.

“Si chiude un 2022 veramente difficile – spiega il presidente di Coldiretti Bergamo Alberto Brivio -, caratterizzato da un clima che non è più lo stesso, dai pesanti strascichi della guerra e dalle conseguenze della pandemia ancora non del tutto esaurite. Queste emergenze, pur influendo profondamente sull’attività agricola, limitandone lo sviluppo, hanno però riportato l’attenzione sul valore del cibo , della sana alimentazione e sull’importanza di garantire la sovranità alimentare al nostro Paese. Dall’analisi che abbiamo stilato con i nostri tecnici si evince che le aziende agricole hanno le carte in regola per poter continuare a dare concretezza a quel Made Italy agroalimentare che tutto il mondo ci invidia, ma necessitano di strumenti e politiche adeguate per potersi confrontare in modo dinamico con gli scenari attuali e futuri, dentro e al difuori dei nostri confini”.

Per quanto riguarda l’export agroalimentare la Bergamasca ha fatto segnare una andamento positivo con un + 11% nel primo semestre del 2022 ( 604.332.627 euro).

E’ leggermente positivo anche il bilancio della demografia d’impresa. Nel secondo trimestre  il numero delle aziende agricole è aumentato dello 0,6 %.

Nonostante questi due aspetti sostanzialmente positivi l’agricoltura bergamasca sta manifestando notevoli difficoltà.

La zootecnia, da carne e da latte, è stata il primo ambito produttivo ad accusare il contraccolpo dovuto all’aumento di prezzi delle materie prime, un fenomeno deleterio che  si è esteso a tutti i comparti, dal florovivaismo all’agriturismo, dall’orticoltura alla viticoltura fino alla suinicoltura e all’avicoltura. Sono lievitati i costi per gli imballaggi, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio e vino.

Tutte le filiere inoltre sono state travolte dall’aumento esponenziale dei costi energetici.

“Nelle campagne della nostra provincia – sottolinea Brivio - si stima che un’azienda agricola su due si trovi costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo , ed in maggior misura nelle aree più fragili di montagna dove maggiore è l’incidenza dei costi ed è più difficile realizzare economie di scala. In agricoltura si sono registrati infatti aumenti medi dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio fino al +300% delle bollette energetiche per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti”.

Bilancio in chiaroscuro anche per quanto riguarda gli aspetti produttivi.

A livello provinciale la zootecnia di latte resta uno dei settori più significativi, per produzione settoriale e soprattutto per l’indotto che va ad alimentare, facendo registrare il secondo maggior incremento produttivo di latte in Lombardia (+ 2,7%).

I picchi di calore fuori stagione e la mancanza di risorse idriche hanno tagliato le produzioni foraggere  mediamente del 30-40%, con punte del 70% per quanto riguarda il raccolto di mais in alcune zone.

Influenze climatiche negative hanno inciso pesantemente anche sulla produzione orticola e di quarta gamma dove le alte temperature hanno sfalsato i cicli vegetativi degli ortaggi favorendo una maggiore persistenza dei parassiti e maggiori costi per l’approvvigionamento idrico a fronte di minori produzioni estive. Criticità peraltro simili a quelle riscontrate nel settore florovivaistico dove i costi energetici, ormai insostenibili, si sono combinati negativamente con una ridotta capacità di spesa dei clienti per beni cosiddetti “ voluttuari “.

Nonostante la scarsità di acqua e le intemperanze del clima che hanno anticipato le operazioni di vendemmia, unitamente ad alcune anomalie del mercato, la viticoltura archivia una buona annata se non eccezionale per qualità delle uve .

Dopo l’annata 2021 disastrosa e da non prendere come riferimento perché eccezionalmente negativa, la stagione olivicola si è chiusa con un – 30 % di produzione rispetto al 2020. Un  risultato non esaltante dal punto di vista quantitativo, ma che dal punto di vista qualitativo è stato ottimo e ha dato una boccata di ossigeno agli olivicoltori.

Altalenanti i risultati per le aziende agrituristiche, che hanno risentito non solo dell’impennata dei costi energetici ma anche della mutata disponibilità economica delle famiglie.

E’ stata invece un’annata difficile per il comparto apistico. Gli effetti dei cambiamenti climatici, in particolare la siccità, hanno influito negativamente sulla produzione di miele.

Il futuro dell’agricoltura è legato all’innovazione e al ricambio generazionale. Da questo punto di vista l’agricoltura bergamasca è stata piuttosto dinamica. Infatti le aziende agricole giovani finanziate nel periodo 2014- 2022 nell’ambio del programma di sviluppo rurale sono state 328 per un totale di 11.020.000 euro (l’importo maggiore a livello lombardo).

“Prossimamente ci dovremo confrontare anche con l’entrata in vigore della nuova PAC – ricorda Brivio -. Le imprese agricole, in particolare quelle gestite da giovani, dovranno proseguire il proprio percorso verso l’adozione di sistemi produttivi che siano sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Cruciale sarà l’approccio alle energie rinnovabili come biogas, biometano e fotovoltaico sui tetti di stalle, immobili e capannoni. Non meno importante sarà la capacità di cogliere le opportunità legate ai processi di coesione e di cooperazione all’interno delle filiere”.

A fronte di queste nuove sfide è sempre più allarmante il consumo di suolo che in un solo anno, in provincia di Bergamo, ha presentato un conto salatissimo: 143 ettari di terreno ricoperti dal cemento e persi per sempre.

“La contrazione della produzione agricola è un problema che riguarda tutti – conclude il presidente di Coldiretti Bergamo -, infatti non comporta solo danni economici agli agricoltori ma anche il rischio occupazionale per i quattro milioni di lavoratori che in Italia sono impegnati nella diverse filiere agroalimentari e per i consumatori che prodotti di importazione, spacciati per italiani, finiscano nel carrello della loro spesa . Preoccupa anche l’avanzata del cibo sintetico, che si sta facendo strada a suon di bugie, ma che siamo impegnati a contrastare con il supporto dei cittadini che stanno dando un convinto sostegno alla nostra mobilitazione, firmando la petizione promossa da Coldiretti per chiedere una legge che vieti la produzione, l’uso e la commercializzazione del cibo sintetico in Italia”.

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