Contro la guerra che fa perdere vite umane e mette in pericolo il loro futuro, anche i giovani di Coldiretti Lombardia scendono in piazza a sostegno dei colloqui di pace nella mobilitazione organizzata da Coldiretti a Verona in occasione dell’apertura della Fieragricola. Con loro anche il presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini, assieme alla delegata dei giovani Coldiretti Veronica Barbati.
“Sogno di aprire un’azienda agricola tutta mia per produrre ortaggi e allevare pecore – racconta Andrea Guidi, giovane bresciano di Salò presente alla manifestazione – ma con l'esplosione della guerra in Ucraina ho paura di non farcela, perché temo le conseguenze di questa grave situazione a livello internazionale. Allo stesso tempo, però, voglio continuare a credere in un futuro in cui realizzare i miei progetti”. Gli fa eco Martina Facchinetti, allevatrice di polli di San Paolo D’Argon (Bergamo), anche lei scesa in piazza: “Questa guerra oltre a provocare vittime innocenti, rischia di causare gravi conseguenze economiche che si ripercuotono anche sul nostro lavoro”. In Lombardia – precisa la Coldiretti regionale – sono oltre tremila le imprese agricole gestite da under35, a cui si sommano moltissimi altri giovani che lavorano e svolgono un ruolo importante nelle aziende agricole, anche affiancando genitori e parenti nell’impresa di famiglia.
La solidarietà dei giovani agricoltori arriva anche dall’Expo di Dubai dove una delegazione di ragazzi e ragazze, guidati da Carlo Maria Recchia delegato Giovani Impresa Coldiretti Lombardia, si è recata al padiglione dell’Ucraina e ha lasciato un messaggio di sostegno lungo la parete della struttura appositamente allestita su cui si stanno accumulando centinaia di biglietti con preghiere e frasi di sostegno.
I rincari energetici spinti dal conflitto – spiega la Coldiretti Lombardia – portano i costi di produzione nelle campagne ben oltre il livello della sostenibilità economica mettendo a rischio le aziende agricole, il carrello della spesa delle famiglie e l’indipendenza alimentare del Paese. “Prima di tutto vogliamo esprimere la nostra solidarietà al popolo ucraino – afferma Valeria Comensoli Ruggeri di Verolavecchia (Brescia), presente alla mobilitazione di Verona insieme ad altre imprenditrici agricole di Donne Impresa Coldiretti Lombardia – ma siamo qui anche per chiedere delle certezze per il nostro settore: abbiamo bisogno che ci siano nuovi equilibri lungo la filiera, perché gli ulteriori aumenti dei costi energetici e delle materie prime innescati dalla guerra non fanno altro che esasperare la situazione di difficoltà che stiamo vivendo nelle nostre aziende e nelle nostre stalle”.
Il costo dell’energia è esploso e ha colpito tutte le attività produttive – evidenzia Coldiretti -, dal gasolio per il trattore necessario alle semine al riscaldamento delle serre fino al prezzo dei concimi per garantire fertilità ed aumentare la produzione che è balzato del 170%. Come il petrolio e il gas anche il prezzo del grano balza e raggiunge i massimi da 14 anni ad un valore di 33,3 centesimi al chilo che non si raggiungeva dal 2008 – continua la Coldiretti – ma su valori alti si collocano anche le quotazioni di mais e soia necessarie per l'alimentazione degli animali negli allevamenti. A far volare i prezzi del grano e degli altri prodotti agricoli è la sospensione a causa della guerra delle spedizioni commerciali dai porti sul mar Nero dell’Ucraina.
Un’emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano.
L’aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, – sottolinea la Coldiretti – ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori.
L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni. In Lombardia – precisa la Coldiretti regionale sulla base dei dati Istat – la riduzione della produzione di mais da granella in un decennio è stata di oltre il 40%, in un territorio dove si allevano oltre la metà dei maiali italiani e viene munto più del 40% di tutto il latte made in Italy.
A livello nazionale in un decennio è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti.
“La guerra sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel precisare che “nell’immediato occorre quindi garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende con prezzi giusti che consentano agli allevatori di continuare a lavorare.” “L’Italia - conclude Prandini, - ha le risorse, la tecnologia e le capacita' per diventare autosufficiente nella produzione del grano e degli altri alimenti”.