Non solo l’agricoltura bergamasca sta “annegando” sotto la pioggia incessante, ma si trova a fare i conti anche con la fragilità del terriritorio che gli effetti del maltempo stanno facendo emergere in tutta la sua gravità. Se nella Bassa Bergamasca le grandi quantità di pioggia allagano i terreni rendendo impossibili le semine del mais ormai in ritardo di due mesi e la raccolta degli erbai che per la maggior parte risultano allettati e fradici e stanno già iniziando a marcire, nelle zone collinari e montuose preoccupano anche le frane e gli smottamenti.
Antonella Cometti, titolare dell’omonima azienda agricola situata ad Azzonica, frazione di Sorisole, questa mattina quando si è recata alla stalla per mungere le bovine da latte che alleva si è trovata una brutta sorpresa: la collina situata dietro l’azienda era franata, l’acqua e la terra avevano invaso la sala di mungitura e parte della stalla.
“Non ci aspettavamo di trovare uno scenario simile - racconta Antonella Cometti – ieri sera non abbiamo notato avvisaglie particolari. Nella notte è scesa però veramente tanta pioggia e il terreno non ha tenuto. Io e mio marito ci siamo rimboccati subito le maniche per cercare di tamponare la situazione, mettendo come prima cosa al riparo i circuiti elettrici della sala di mungitura e della stalla, per evitare danni ben peggiori. Ora stiamo cercando di drenare l’acqua e di spalare il fango per riportare la situazione alla normalità”.
La Coldiretti bergamasca ha lanciato più volte l’allarme sulla fragilità del territorio provinciale. Bergamo infatti è la terza provincia a livello lombardo per numero di smottamenti, dopo Sondrio e Brescia. L’allarmante podio è stato conquistato con le 29.608 frane registrate al 2012, l’11% in più rispetto al 2006, quando gli eventi franosi registrati erano 26.583 (elaborazioni Coldiretti Lombardia su dati Iffi - Inventario fenomeni franosi in Italia).
“Il dissesto idrogeologico del nostro territorio ha raggiunto livelli preoccupanti – spiega il presidente di Coldiretti Bergamo Alberto Brivio - e il ripetersi di frane e smottamenti deve suonare come un campanello d’allarme da non sottovalutare. L’eccessiva cementificazione delle aree agricole di montagna e collina più produttive, privando le aziende agricole della loro fonte di sostegno principale, ha compromesso la sopravvivenza di molte di esse, determinando l’abbandono di tante altre aree prima coltivate o comunque mantenute che ora, in assenza dell’agricoltura, generano maggiori criticità idrogeologiche. E’ importante invece salvaguardare l’attività agricola perché i terreni coltivati, grazie alla loro capacità di assorbimento, rappresentano un vero e proprio airbag naturale contro l’impatto dell’acqua”.
La cementificazione e il consumo di suolo sono un problema per la Bergamasca che, secondo i dati del 6° Censimento Generale dell’Agricoltura elaborato dall’Istat, dal 2000 al 2010 ha perso il 23 % del proprio suolo agricolo.
“Le grandi opere infrastrutturali che sono state costruite negli ultimi anni – sottolinea il direttore di Coldiretti Bergamo Gianfranco Drigo – non hanno certo migliorato la situazione dal punto di vista ambientale. Si dovrebbe fare una riflessione anche sui piani di governo del territorio a volte inesistenti e a volte tarati più sulle esigenze di cassa dei Comuni che sulla conservazione delle aree a verde agricolo. In molti casi a fronte di un eccesso di consumo di suolo ci sono case invendute o capannoni vuoti in aree che non potranno poi più essere recuperare all’utilizzo agricolo e ambientale”.
Vista la straordinarietà della situazione e il perdurare del maltempo, gli uffici della Coldiretti bergamasca, in stretta collaborazione con i dirigenti presenti nelle varie sezioni, hanno avviato un monitoraggio nelle campagne, per avere un quadro più preciso della situazione e capire se esistono le condizioni per chiedere lo stato di calamità naturale.