“Siamo di fronte ad un flop storico delle semine di organismi geneticamente modificati in Europa e a livello globale. Per l’ennesima volta, i dati confermano la lungimiranza della posizione assunta da Coldiretti, che non si oppone alla ricerca ma nel contempo chiede di non introdurre l’ogm in campo aperto, dacché sarebbe una strada senza ritorno, irreversibile. La nostra è una scelta economica: se nessuno vuole gli ogm nel piatto, non si capisce perché qualcuno si ostini a volerli produrre, e ad introdurli in Italia, dove il biotech porterebbero omologazione delle produzioni, quando il nostro punto di forza sta, al contrario, proprio nella distintività, nella tipicità, nell’unicità, nel sentiment che fa riconoscere il made in Italy come eccellenza in tutto il mondo”. Paolo Voltini, Presidente di Coldiretti Cremona, commenta con queste parole i dati relativi al crollo delle semine di ogm in Europa e nel mondo.
Le cifre parlano chiaro: nel 2015 i terreni seminati con organismi geneticamente modificati (ogm) in Europa sono diminuiti del 18%. Nello stesso anno, per la prima volta, si registra un’inversione di tendenza anche a livello mondiale, con 1,8 milioni di ettari coltivati in meno, a conferma della crescente diffidenza nei confronti di una tecnologia che non rispetta le promesse miracolistiche.
Dall’analisi del rapporto annuale dell’“International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications” (ISAAA) emerge che la superficie ogm in Europa nel 2015 si è ridotta ad appena 116.870 ettari di mais geneticamente modificato (-18%) coltivati in soli 5 Paesi sui 28 che fanno parte dell’Unione. Peraltro - spiega la Coldiretti - ben il 92 per cento di mais biotech europeo è coltivato in Spagna dove sono stati seminati 107.749 ettari (-21%) mentre le superfici coltivate sono residuali in Portogallo, Romania, Slovacchia e Repubblica Ceca.
Si tratta di una tendenza che conferma la giusta decisione dell’Italia che ha notificato alla Commissione europea nel 2015 la richiesta di vietare la coltivazione di ogm sul nostro territorio assieme ad altri 18 Stati. (Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Slovenia e Ungheria, mentre la Gran Bretagna ha presentato domanda per Scozia, Galles e Irlanda del nord e il Belgio per la Vallonia). La richiesta di esclusione di tutto il territorio italiano dalla coltivazione di tutti gli Ogm autorizzati a livello europeo trova d’accordo - sottolinea la Coldiretti - quasi 8 cittadini su 10 (76 per cento) che si oppongono oggi al biotech nei campi.
“Per l’Italia gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del Made in Italy. L’agricoltura italiana – sottolinea Tino Arosio, Direttore di Coldiretti Cremona – non ha bisogno degli ogm. Siamo grandi nel mondo per i nostri prodotti a denominazione di origine Dop/Igp che salvaguardano tradizione e biodiversità, per il nostro binomio cibo-cultura, per il fatto che dentro i nostri prodotti ci sono qualità, salubrità, storia, bellezza, legame con il territorio. Il Made in Italy è riconosciuto e desiderato ovunque come eccellenza: la strada da percorrere è quella di distinguere il nostro prodotto, difenderlo attraverso l’origine obbligatoria in etichetta, coltivarne ed evidenziarne l’unicità”.
“Nonostante il rincorrersi di notizie miracolistiche sui vantaggi economici – prosegue Arosio – cresce lo scetticismo degli agricoltori e dei consumatori. Anche perchè gli Ogm in commercio riguardano pochissimi prodotti (mais, soia e cotone) e sono diffusi nell’interesse di poche multinazionali senza benefici riscontrabili. E’ un dato di fatto: non solo in Italia, ma nettamente anche a livello globale si va nella direzione diametralmente opposta a quanto quotidianamente chiede parte della rappresentanza agricola cremonese”.
A livello globale nel 2015 - sottolinea la Coldiretti - sono stati coltivati 179,7 milioni di ettari di colture biotech, con uno storico decremento di 1,8 milioni di ettari rispetto ai 181,5 milioni nel 2014, a causa dei prezzi bassi. Gli Stati Uniti continuano a guidare la produzione biotech con 70,9 milioni di ettari (39% del totale), con un decremento di 2.2 milioni di ettari rispetto al 2014. Il Brasile si conferma al secondo posto con 44,2 milioni di ettari (25% del totale) con un incremento di 2 milioni di ettari rispetto al 2014. Al terzo posto si trova l’Argentina con 24,5 milioni di ettari; poi l’India con 11,6 milioni di ettari ed il Canada con 11 milioni di ettari (circa -5% rispetto al 2014).