Non solo produttori di cibo e sentinelle del territorio, ma anche custodi della biodiversità. Gli agricoltori bergamaschi sono impegnati quotidianamente nel salvare razze animali e specie vegetali. Lo ricorda Coldiretti Bergamo nell’evidenziare che l’Italia detiene il record europeo della biodiversità con 55.600 specie animali pari al 30% di quelle europee e 7.636 specie vegetali che sono state salvate dall’estinzione. Purtroppo però nell’ultimo secolo sono scomparse dalla tavola tre varietà di frutta su quattro, una perdita di biodiversità che riguarda l’intero sistema agricolo e di allevamento con il rischio di estinzione che si estende dalle piante coltivate agli animali allevati. Nel secolo scorso nel nostro Paese si contavano 8.000 varietà di frutta, mentre oggi si arriva a poco meno di 2.000 e di queste ben 1.500 sono considerate a rischio di scomparsa anche per effetto dei moderni sistemi della distribuzione commerciale che privilegiano le grandi quantità e la standardizzazione dell’offerta.
“Grazie a un sapiente lavoro e a una grande esperienza – spiega Coldiretti Bergamo – gli agricoltori ricoprono un ruolo fondamentale nel tutelare piante e animali in via di estinzione, evitando così non solo la perdita di un patrimonio alimentare, culturale ed ambientale ma anche un attacco alla sovranità alimentare e alla biodiversità”.
Negli ultimi anni a livello provinciale è stata fatta un’importante azione per recuperare antiche varietà di mais da tempo dimenticate, come ad esempio il mais Spinato di Gandino e il mais Rostrato di Rovetta. Non solo sono nate associazioni proprio con questa finalità, ma anche giovani agricoltori che stanno costruendo il loro futuro sul lavoro nei campi stanno scommettendo sulle unicità delle tradizioni agricole bergamasche. E’ il caso di Adriano Galizzi di Leffe che sul mais Spinato di Gandino e sul mais Rostrato ha costruito un’intera filiera, dalla coltivazione alla realizzazione di gallette, e si propone sul mercato anche con un canale di e-commerce.
Della valorizzazione dei cereali minori in montagna si occupa anche Andrea Messa di Nasolino di Oltressenda Alta che, dopo essere stato manager per oltre trent’anni di una multinazionale, ha deciso di far ritornare le spighe in valle Seriana. Il suo progetto è nato dopo avere ritrovato in soffitta sacchi di sementi di San Pastore di nonno Antonio. Dopo aver richiesto i semi all’Istituto di Cerealicoltura di Sant’Angelo Lodigiano e dopo aver attinto alla saggezza e alla conoscenza dei cerealicoltori anziani dell’alta Valle Seriana, ha creato l’associazione culturale “Grani Asta del Serio” e ha dato il via a coltivazioni di Farro Monococco, Frumento Spada, Ardito, Mentana e Orzo. L’obiettivo è di produrre farine, pane e pasta a chilometro zero.
E’ ricorso alla sapienza degli anziani anche Jonn Brignoli di Trescore Balneario quando ha deciso di recuperare le antiche varietà di pere pirole e di pere spadone, autentiche rarità con cui oggi prepara confetture dal gusto unico. Anche per la dimenticata patata di Martinengo è stato fatto un lungo lavoro di valorizzazione, fino a farle conquistare la Denominazione Comunale (De.Co.). Tra le varietà che continuano a restare sul mercato grazie all’impegno degli imprenditori agricoli figurano anche la pregiata Scarola dei Colli di Bergamo e il Melone di Calvenzano.
“Investire sulla distintività – continua Coldiretti Bergamo - è un’opportunità anche per le imprese agricole che si vogliono distinguere in termini di qualità delle produzioni ed affrontare così il mercato globalizzato salvaguardando, difendendo e creando sistemi economici locali attorno al valore del cibo. Questa azione di recupero e salvaguardia si deve anche ai nuovi sbocchi commerciali creati dai mercati degli agricoltori e dalle fattorie di Campagna Amica”.
Non si può poi dimenticare il legame che c'è tra la tradizione casearia lombarda e la salvaguardia di numerose razze animali. Purtroppo in passato diverse aziende, strette tra costi di produzione sempre più alti e una remunerazione dei prodotti sempre più ridotta, sono state costrette a preferire razze più produttive e con attitudini diverse. Tra quelle più esposte al rischio scomparsa ricordiamo ad esempio le razze bovine Rendena, Grigio Alpina, Bruna linea carne e quindi la Capra orobica o di Valgerola e la Capra bionda dell’Adamello. Questi animali con le loro peculiarità contribuiscono a definire l’identità delle produzioni, un patrimonio che crea un legame irripetibile con il territorio.
“Per evitare che realtà peculiari del nostro territorio vadano perse - sottolinea Coldiretti Bergamo - stiamo mettendo in campo iniziative di informazione e servizi dedicati per sostenere gli allevatori che quotidianamente custodiscono una biodiversità genetica molto importante per la tipicità della nostra agricoltura. Abbiamo anche fatto la scelta di dire no agli OGM in modo da evitare una pericolosa omologazione delle produzioni”.
Originale è l’esperienza della famiglia Quarteroni dell’Agriturismo Ferdy di Lenna che ha un allevamento di 70 capi di capre di razza Orobica. Con il loro latte producono tre tipi di formaggi molto particolari, il formagin, la roviola e il matuscin, e realizzano anche una linea di cosmetici naturali utilizzata nel centro benessere annesso all’azienda. L’Agriturismo Ferdy ha anche un allevamento di 25 capi di Bruna Alpina originale, bovini che hanno la particolarità di pascolare sei messi all’anno e di produrre un latte “d’erba” con cui vengono prodotti formaggi tipici e un gelato fior di latte molto apprezzato.