Sono uomini e donne, hanno figli e famiglie, sono i volti e le voci della crisi che sta colpendo gli allevamenti di suini della Lombardia. A Milano, presso l’assessorato agricoltura della Regione Lombardia, hanno raccontato cosa vuol dire resistere in trincea ormai da anni.
“Ogni giorno– ha detto Andrea Cristini, presidente nazionale dell’allevatori di suini, presente all’incontro – ricevo telefonate di gente che ha già ricevuto i decreti ingiuntivi per il sequestro degli animali e delle attrezzature, il settore ormai non è neppure più alla canna del gas. Siamo già oltre. Dieci anni fa per l’alimentazione dei suini si pendevano 28 mila lire al quintale mentre oggi è 28 euro, ossia il doppio” spiega Andrea Cristini, allevatore di suini a Brescia e presidente dell’associazione nazionale di settore.
“Ci sentiamo davvero in trincea, ma adesso vogliamo delle risposte da parte delle istituzioni per capire se dobbiamo continuare o se invece è meglio cambiare e mollare tutto” dice Angela Coffinardi, anche lei della provincia di Brescia.
“Da noi in provincia di Cremona la diffusione degli impianti a biogas sta facendo salire alle stelle il prezzo dei terreni e degli affitti. Noi come allevatori di suini ci siamo sempre impegnati nella nostra attività, ma adesso non ce la facciamo davvero più. Se va avanti così entro la fine dell’anno chiuderanno fra il 20 e il 30 per cento delle aziende” spiega Antonioli, che guida un’azienda a Cremona.
“A Lodi ha chiuso il 30 per cento delle aziende negli ultimi 3 anni. In Europa hanno avuto un modo diverso di affrontare la crisi, incentivando l’allevamento di scrofe nazionali, mentre noi importiamo i suinietti dall’estero. Bisogna trovare nuove strade, come quella del suino light che stiamo cercando di portare avanti, ma ci serve un aiuto in questo progetto” spiega Marco Lunati, allevatore di Mairago (Lodi).
“Serve un intervento urgente della Regione e delle istituzioni per salvare il nostro settore” hanno concluso tutti.