"Il contributo dell’agricoltura all’inquinamento da nitrati delle acque è solo marginale e certamente meno importante del contributo proveniente dal settore civile e dalle altre attività produttive": questo si legge nella lettera firmata dal Presidente della Lombardia Roberto Formigoni e indirizzata al Governo per chiedere la revisione radicale della direttiva nitrati per la Pianura Padana.
"Per la prima volta e in maniera scritta e ufficiale la Regione Lombardia riconosce e afferma quanto noi sosteniamo da anni – spiega Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti Lombardia – e lo fa grazie all’opera di sensibilizzazione che abbiamo portato avanti da sempre per difendere la zootecnia lombarda e quindi una fetta importante di tutta l’economia italiana".
Nella sua lettera al Governo, Roberto Formigoni spiega che: "Viene classificata come zona vulnerabile ai nitrati l’82 per cento della Lombardia, l’87 per cento del Veneto, il 63 per cento dell’Emilia Romagna, il 38 per cento del Piemonte" e una "delimitazione così estesa e criteri così restrittivi a carico delle aziende agricole ubicate nelle regioni a più importante vocazione zootecnica stanno comportando la fisica impossibilità da parte delle imprese di sostenere gli investimenti necessari". La direttiva così come è formulata – sostiene la Regione – rischia "concretamente di affondare un’intera filiera produttiva agroalimentare, con la chiusura di migliaia di aziende".
Per questo – scrive la Regione Lombardia – è necessario ridefinire "in senso fortemente riduttivo le aree classificate come vulnerabili" limitandole a quei "pochi ambiti per i quali effettivamente e realmente il carico zootecnico possa comportare significative alterazioni dei limiti qualitativi delle acque".
Importanti elementi che "giustificano una riapertura sostanziale del dossier nitrati in Italia" – conclude la Regione – sono: la conoscenza della serie storica dei dati rilevati sulla qualità delle acque, l’incrocio tra questi valori e le effettive responsabilità del settore zootecnico rispetto a quelle dei settori civile e produttivo e una migliore cognizione delle caratteristiche ambientali climatiche, pedologiche e produttive del nostro Paese.