E’ la più piccola della famiglia, ma conserva il succo e la dolcezza delle sorelle maggiori. Con le dimensioni di un melone, la mini anguria – spiega Coldiretti Lombardia – è adatta ai single e alle famiglie poco numerose perchè non supera i tre chili di peso, si consuma in fretta ed è facilmente trasportabile.
“E’ un prodotto che piace – assicura Andrea Costa, agricoltore di Felonica (Mantova) -. Lo produciamo da tre anni e riusciamo a venderlo almeno a 35 centesimi al chilo a differenza delle angurie classiche più grandi che vengono pagate pochi centesimi al chilo. Per chi ha una piccola azienda il mini cocomero permette di tagliare alcune spese perché serve meno acqua e lo si può raccogliere a mano. L’investimento su un ettaro è di almeno cinquemila euro l’anno, esclusi i costi di trasporto”.
In Lombardia si producono ogni anno circa 33 mila tonnellate di cocomeri (quasi il 9 per cento del totale italiano), in particolare nelle zone di Mantova e Cremona. Ma nonostante i nuovi formati “pocket”, la crisi delle quotazioni all’origine non molla la presa: per le angurie classiche gli agricoltori incassano fra i 10 e i 12 centesimi al chilo contro i 60-70 centesimi che vengono pagati dai consumatori nelle vendite al dettaglio, con un aumento del 400 per cento.
“Io prendo 10 centesimi al chilo contro i 15 centesimi che sono i miei costi di produzione, quest’anno perderò almeno 60 mila euro - conferma Paolo Bassi, coltivatore di angurie tradizionali a Sermide (Mantova) – eppure se guardiamo al dettaglio, i prezzi si aggirano sui 70 centesimi. Un abisso rispetto a quanto arriva a noi agricoltori”.