9 Luglio 2010
Pavia, Riso: etichetta d’origine

La mobilitazione di Coldiretti per la difesa del made in Italy ha fatto emergere una situazione inaccettabile

Dopo l’assemblea nazionale dello scorso 2 luglio a Roma al Palalottomatica, con la partecipazione di 15.000 imprese agricole, i presidi organizzati di fronte alle industrie casearie per denunciare la grave situazione in cui si trova il latte pagato meno di quanto lo fosse 20 anni fa, la grande mobilitazione al Brennero e agli altri punti di ingresso dei prodotti alimentari nel nostro Paese, tutta l’opinione pubblica ha capito che il sistema alimentare nazionale non tutela la produzione di qualità del nostro Paese ma privilegia il mero aspetto commerciale ingannando il consumatore con nomi, colori e marchi italiani posti su prodotti con origine comunitaria ed extra comunitaria.
La voce di Coldiretti si è alzata forte a reclamare la necessità di indicare in etichetta l’origine del prodotto; vale per il latte, i formaggi, la pasta, la carne e vale anche per il riso.
Il prodotto simbolo della nostra provincia, leader europea per superficie e produzione, non gode di una normativa che imponga di scrivere sulle confezioni dove è stato coltivato. Più volte abbiamo anche assistito a tentativi, da parte industriale, di annacquare l’indicazione della varietà che, solo agli intenditori, fa capire da dove proviene quel riso sempre che il contenuto rispecchi quanto indicato sulla confezione.
La grande maggioranza degli Italiani, quasi l’80% dichiara di volere l’indicazione dell’origine in etichetta, i politici si dichiarano a favore, note stonate arrivano solo dall’industria e da qualche organizzazione che difende interessi di parte e non certo l’agricoltura, le associazioni dei consumatori reclamano maggior chiarezza per poter acquistare consapevolmente, eppure le norme per imporre l’indicazione dell’origine stentano ad arrivare e spesso quand’anche siano presenti, risultano disattese.
Il nostro riso ha bisogno di una filiera tutta italiana firmata dagli agricoltori, il territorio pavese basa la sua economia e l’equilibrio ambientale in gran parte sulla coltivazione di riso, l’incancrenirsi di questa situazione che non garantisce la sicurezza futura potrebbe portare, anche se non in tempi immediati, ad un abbandono della cultura che avrebbe conseguenze devastanti sull’economia e sul territorio dell’intera pianura. Una zona umida il cui valore ambientale è stato riconosciuto e sancito dalla stessa Comunità Europea. A poco valgono i prezzi appena sufficienti dei risi da interno, Arborio, Carnaroli e Vialone Nano o la leggera ripresa che tuttavia non copre neppure le spese di coltivazione dei tondi e del Thaibonnet che oggi quotano a Mortara 22/23 euro al quintale, occorre un progetto di ampio respiro che garantisca una forte risicoltura nel nostro territorio con una produzione certificata in grado di consegnare al consumatore un riso di qualità ad un giusto prezzo e al risicoltore una rendita adeguata agli investimenti e alla professionalità impiegata.

Ufficio Stampa Coldiretti Pavia
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