8 Novembre 2019
Testimonianze bresciane sull’ invasione cinghiali

Invasione cinghiali: non è mai stato così alto a Brescia l’allarme per la proliferazione di animali selvatici che distruggono raccolti agricoli, assediano stalle e causano incidenti stradali, recando pericoli concreti per la salute e la sicurezza di agricoltori e cittadini. Un’emergenza, soprattutto in territorio montano, dai preoccupanti risvolti sociali, economici, occupazionali e ambientali, denunciata da Coldiretti con il blitz romano di giovedì 7 novembre.

In piazza Montecitorio c'era anche la delegazione bresciana guidata dal direttore provinciale Massimo Albano e dal presidente nazionale e provinciale di Coldiretti Ettore Prandini. Presenti anche i sindaci della Vallecamonica con i gonfaloni per far sentire la voce del territorio montano, insieme agli imprenditori bresciani più colpiti, giunti principalmente dalle zone del Garda, Sebino, Franciacorta, Valsabbia e Vallecamonica.

Invasione cinghiali, la delegazione bresciana a Roma con Prandini

Invasione cinghiali: cosa accade a Brescia

Una proliferazione senza freni che sta mettendo a rischio anche l’equilibrio ambientale, a partire proprio dalla montagna: “i cinghiali stanno recando gravi danni sia all’agricoltura sia all’equilibrio idro-geologico del territorio montano – spiega Silvio Moratti, delegato all’agricoltura del Comune di Edolo (BS) -. Scavando e rovinando i terreni in pendenza, infatti, i branchi di cinghiali provocano uno sfaldamento che può comportare ulteriori dissesti difficili da riparare. Il cinghiale, inoltre, non fa parte della fauna alpina come nel caso dell’orso e del lupo, anzi, rappresenta una minaccia per il nostro ecosistema e per la produttività dell’intera Vallecamonica”.

Un’emergenza nazionale che non coinvolge più solo le aree rurali ma è un problema anche per i centri urbani, dove capita sempre più spesso di incontrare i cinghiali che attraversano le strade mettendo a rischio la sicurezza delle persone. In Lombardia solo nel 2018 si sono verificati 180 schianti a causa di questi animali. Non stupisce quindi che, secondo un’indagine Coldiretti/Ixè, 3 italiani su 4 considerano la fauna selvatica un pericolo per la circolazione. Infatti il numero di incidenti gravi con morti o feriti causati dalla fauna selvatica, è aumentato dell’81% sulle strade provinciali nel periodo 2010-2018, secondo l’analisi Coldiretti su dati del rapporto Aci Istat.

“Nel territorio del Lago d'Iseo sono numerose le segnalazioni di avvistamento di branchi di cinghiali, anche di giorno - interviene Nadia Turelli, vice presidente di Coldiretti Brescia e olivicoltrice di Sale Marasino (BS) - un pericolo per la sicurezza nelle strade di montagna e anche per i veicoli: parliamo di animali che superano i 100 kg ciascuno. Diversi casi anche di attacchi a persone, nell’alto come nel basso Sebino. I miei terreni sono continuamente presi di mira e si registrano passaggi anche negli uliveti. Questo mi preoccupa molto, per la mia incolumità e per quella dei miei figli”.

Invasione cinghiali, la rappresentanza bresciana in piazza Montecitorio

Danni e pericoli, gli agricoltori in prima linea

“Non è più solo una questione di risarcimenti, ma è diventato un fatto di sicurezza delle persone che va affrontato con decisione. Serve agire in modo concertato tra Ministeri e Regioni, Province e Comuni e avviare un piano straordinario senza intralci amministrativi - afferma il presidente Ettore Prandini dal palco della manifestazione romana -. Bisogna rendere ancora più efficaci i piani di contenimento e allargare le maglie di intervento, altrimenti la questione è destinata a peggiorare”.

In prima linea contro l’invasione dei cinghiali ci sono gli agricoltori, che ogni anno subiscono danni alle coltivazioni per centinaia di migliaia di euro. “Potrei anche smettere di coltivare mais –  racconta Ennio Bonomi, imprenditore agricolo di Pertica Bassa (BS) -. Il territorio della Valsabbia è completamente compromesso, con perdite oltre il 50%, nonostante i finanziamenti regionali per l’installazione di recinzioni elettriche, che i cinghiali comunque superano. Anche i terreni sopra i 600-700 metri sono per l’80%  inutilizzabili, li dovrò destinare a pascolo o zona boschiva. Il problema è che viaggiano in branchi da 10-12, devastando centinaia di metri quadrati di campi ogni notte alla ricerca di cibo. Distruggono piante, spianano erba e scavano buche: ci diventa anche impossibile falciare. Inoltre, nelle zone montane è difficile ripianare i terreni. Il contenimento è attualmente una via poco praticabile, le abbiamo provate tutte, ma siamo esasperati, siamo costantemente in lotta”.

Anche l’allevatore valsabbino Alberto Buffoli  conferma la situazione di emergenza: Quest’anno registriamo un exploit inspiegabile, non tanto in termini di danni quanto per la quantità di capi. Sono arrivati anche in zone dove non si erano mai visti prima, recando enormi problemi a mais, prati, strutture e recinzioni. Le recinzioni elettrificate, finanziate da Regione Lombardia, non danno i risultati sperati, ci stiamo quindi muovendo verso le recinzioni metalliche, ma riscontriamo grossi problemi burocratici per ottenere i permessi. La mia azienda si trova nei pressi di una riserva naturale, i cinghiali giungono indisturbati ogni notte, per poi rientrare nelle zone protette: se ci mettiamo a fare la guardia di notte, come possiamo trovare le forze per portare avanti il lavoro dell’azienda agricola ogni giorno?"

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